Nei Moncada Paternò Castello come discendenti e parti integranti delle Famiglie Paternò e Castello e poi anche della Famiglia Moncada, confluivano fama, potere e ricchezze provenienti nel corso di più di dieci secoli da queste tre Famiglie e delle altre tante famiglie, spesso nobili e facoltose, con le quali si legavano attraverso vincoli matrimoniali. Accenniamo in questa pagina ai principali fattori che fecero insigni queste Famiglie.
Abilità militare
Specie all’inizio dell’avventura siciliana, i membri di questa Famiglia erano dei prodi condottieri, soldati e capitani di ventura. In questa veste giunsero in Sicilia nel 1062 i Barcellona-Provenza conti d’Embrun, poi «Paternò». Per esempio, i suoi membri furono nominati: Camerlengo del Regno (da Re Alfonso I di Sicilia, V di Aragona); Maestro di Campo da Carlo I (V di Spagna), Capitano di Catania ispettore di tutte le truppe a difesa di Tripoli dal re Carlo I (V di Spagna); in seguito al valore dimostrato nella Battaglia di Lepanto (1571) a un Paternò gli fu affidato il comando di 500 archibugieri I Paternò continuarono a distinguersi nei campi di battaglia soprattutto (ma non solo) fino al XVI secolo. (Paternò Castello, 1936-44; Calabrese, 2002; AA.VV., 2016).
Così come i «Castello» dei conti di Terni, giunti in Sicilia anche loro sotto il Gran conte Ruggero il Normanno. Alcuni membri delle famiglie Paternò e Castello furono importanti organici castrensi dei regnanti siciliani sin dall’epoca normanna (come Miles o Militi Regi). Si ricordano fra gli altri, un maresciallo delle Guardie del Corpo di Re Vittorio Amedeo di Sicilia (II Duca di Savoia).
Conquistando con le armi arrivarono in Sicilia anche gli aragonesi-catalani «Moncada», dei baroni di Aytona, nel 1288 (Ferrer i Mallol, 1989), al seguito del re Pietro III d’Aragona giunto in Sicilia nel 1292 per aiutare i siciliani a scacciare Carlo d’Angiò dominatori Angioini. I Moncada furono dei magnifici condottieri e strateghi militari che contribuirono spesso in maniera decisiva all’esito delle azioni castrensi. Innumerevoli furono i loro incarichi militari di cui tutte le Monarchie siciliane si avvalsero.
Queste Famiglie fornirono spesso le truppe armate ai regnanti; truppe che mantenevano anche per se stessi poiché in diversi casi erano signori assoluti di feudi-stati con il privilegio feudale di “mero e misto imperio”, cioè del diritto di vita e di morte sui propri vassalli.
Potere feudale ed economico
Grazie alle conquiste ottenute sul campo di battaglia queste famiglie beneficiarono della generosità dei regnanti sin dagli albori del feudalesimo siciliano istaurato dai Normanni dalla seconda metà dell’XI secolo. Più tardi, conquistarono potere feudale ed economico anche attraverso strategie matrimoniali, alleanze, investimenti e strategie economiche e finanziarie oculate. Il potere di queste tre Famiglie feudali era fondato principalmente sull’esazione di gabelle, sulla concessione e affitto delle terre del feudo a terzi e sulla possibilità di contare di un voto in più al Parlamento in base alle proprie terre popolate.
I «Paternò» furono fra i primi feudatari della Sicilia. I loro possedimenti feudali si estesero soprattutto nella parte orientale della Sicilia. La Famiglia giunse a possedere, agli inizi del Seicento, 48 diversi feudi con mero e misto imperio e nel corso della sua storia ottenne 170 feudi principali, avendo diritto a sei seggi ereditari nel parlamento siciliano, di più cioè di qualunque altra famiglia del Regno (AA.VV., 2016). Al momento dell’abolizione della feudalità, all’inizio del XIX secolo, la Famiglia possedeva 80.000 ettari di territorio, undici fra città e terre in vassallaggio con circa 20.000 sudditi, ventisei feudi con mero e misto imperio, etc. Furono investiti di circa 200 titoli in gran parte nel periodo feudale (XII-XVIII secolo) e insigniti di tanti ordini cavallereschi. I Paternò erano grandemente considerati all’epoca dei Normanni dai quali ebbero onori e gloria. Questa Famiglia attraversò il periodo più buio sotto gli Svevi, ma con gli Aragona (1282-1516) e con il successivo lungo periodo vicereale spagnolo (1516-1713) il quadro cambiò completamente e la rilevanza che questa Casa aveva avuto sotto i Normanni fu riconquistata, se non addirittura superata (Paternò Castello, 1936-44; AA.VV., 2016).
Lo Zazzera (1615) indica che ben cento membri della Famiglia «Castello» si resero illustri per le loro eminenti qualità.
I «Moncada» divennero potenti nel XIV secolo insieme agli Alagona e furono sostenitori della fazione aragonese della nobiltà siciliana tradizionalmente avversa a quella latina dei Chiaramonte e dei Ventimiglia. Prosperarono con i re Aragonesi, con quelli della Casa di Castiglia (Transtámara) e della Casa d’Austria (Asburgo) e decaddero dall’avvento dei re Borbone all’inizio del XVIII secolo (Scalisi, 2006; pp. 219-228). I Moncada diventarono la più ricca Famiglia siciliana nel XV secolo quando giunsero a avere più di cento feudi (Mango, 1916).
Potere politico e religioso
Come visto, il potere feudale ed economico si traduceva in potere politico permettendo di accedere al seggio nel Senato della Città, o nel Parlamento del Regno.
Nel corso del millennio della storia dei «Paternò», i componenti di questa Famiglia occuparono tutti i più importanti ruoli che davano potere su tutto il Regno. I membri della Famiglia Paternò divennero gli assoluti protagonisti delle vicende catanesi, tanto che l’Enciclopedia Treccani così ricorda: “… furono dotati di feudi ed onori dai Re Aragonesi… questa famiglia rapidamente ascese a grande autorità, impadronendosi del Governo Civile di Catania…” Esercitarono il potere politico (e economico) della città durante più di quattro secoli. I Paternò cercarono di occupare tutti gli spazi di potere, anche con cariche ecclesiastiche e militari, e non solo a Catania ma in altri dodici luoghi della Sicilia e lo fecero sempre con esiti positivi, soprattutto dall’inizio del ’400 a metà del ’800. Questa Famiglia aveva anche diritto a sei seggi ereditari nel Parlamento Siciliano, più di qualunque altra famiglia del Regno di Napoli e di Sicilia (AA.VV., 2016).
Numerose furono le cariche politiche e religiose per i «Castello» di Sicilia da Giudici della Corte Straticoziale di Messina; Capitani di Giustizia, Maestri Procuratori o Secreti; Capitani di Galera, Pretori e Capitani Giustizieri; Esaminatori dell’arcivescovado di Toledo; Vescovi; Gran Priori di Barlette; membri della Magna Regia Curia dei Maestri Razionali, Deputati e Senatori del Regno; Segretari della Camera dei Pari nel parlamento di Sicilia; Maestri Razionali del Real Patrimonio; Vicari Generali del Regno (Zazzera, 1615; Calabrese, 2012a).
La Famiglia «Moncada» esercitò il suo potere da tutte le posizioni politiche e religiose durante cinque secoli. Alcuni esempi: Maestro Giustiziere del regno; Presidente del regno siciliano; Membro della Camera dei Pari siciliana; Viceré; Maggiordomo Maggiore del re; Senatore del regno d’Italia; Cardinale; Vescovo (Palizzolo-Gravina, 1875; Treccani, 1934).
Capacità imprenditoriale
Membri di queste famiglie furono banchieri, commercianti, imprenditori e titolari di uffici urbani.
Esempi sono i quelli dei «Paternò Castello» che nel XVIII secolo introdussero coltivazioni nuove, misero in opera coltivazioni e commercializzazione di prodotti alimentari basici come cereali e leguminose; furono industriosi nelle attività di sfruttamento delle risorse minerarie e nella distribuzione delle risorse idriche del territorio, nella progettazione di opere d’infrastrutture come ponti e porti; e furono anche abili banchieri (Storoni Mazzolani, 1980; Marraro, 1989; Calabrese, 2012b; AA.VV., 2016).
L’Enciclopedia Treccani magnifica l’operosità della Famiglia «Paternò» con queste parole: “Molto dovettero all’opera dei Paternò l’istituzione dello Studio di Catania e la Fabbrica del Molo della stessa città, come pure la fondazione e l’incremento di varie città e terre siciliane (Mirabella, Imbaccari, Raddusa, Biscari), lo sviluppo di industrie, come quella della seta (di cui avevano la privativa in Catania) o quella del lino (Biscari), e le bonifiche di territori importanti ed estesi che richiesero opere colossali come il canale nel territorio di Carcaci lungo oltre 50 Km ed il ponte-acquedotto d’Aragona sul fiume Simeto lungo 720 metri ed alto 40, tutti interamente edificati dalla Casa Paternò” al fine di bonificare una parte della valle del Simeto e portare l’acqua nella città di Catania (Guzzetta, 2001).
Mecenatismo, filantropia, e contributo scientifico, culturale e religioso
I membri di questa Famiglia che hanno contribuito generosamente allo sviluppo scientifico, artistico, culturale e religioso in Sicilia sono tantissimi.
Un esempio è quello di Ignazio Paternò Castello (1719-1786) V Principe di Biscari ebbe numerosi riconoscimenti per il suo contributo scientifico e culturale. Fu membro di più di una ventina di Accademie italiane e straniere e fondò l’Accademia degli Etnei a Catania nel 1744 (Marraro, 1989; Guzzetta, 2001; Santamaria, 2016). Egli fece eseguire scavi archeologici spesso a sue spese, come quelli di Camarina, Siracusa, Lentini, Taormina e Catania. Nel 1754 ideò e realizzò un grande parco con un orto botanico chiamata “Villa del Labirinto” l’unico giardino catanese aperto al pubblico, oggi parte del parco pubblico “Bellini”. Dal 1765 al 1778 circa fece costruire Villa Scabrosa, un’opera faraonica prospiciente al mare di un parco-giardino con due laghi sulla colata lavica del 1669. Fu il fondatore nel 1758 del primo museo archeologico naturalistico e numismatico privato e aperto al pubblico nel Regno e in Italia, e di un teatro (Teatro Biscari) aperto al pubblico dal 1772. Don Ignazio dimostrò la sua generosa filantropia in diverse occasioni, per esempio mandò il suo grano ai messinesi quando nel 1783 un terremoto distrusse la loro città.
Altri Paternò Castello furono docenti universitari come per di dogmatica e morale e di fisica (Santamaria, 2016; AA.VV., 2016), letterate di poesia ed eloquenza di ampia fama e fondatori dell’Accademia dei Gioviali (Paternò Castello, 1936-44; Percolla, 1842).
Un esempio per i «Paternò» è quello del Marchese Emanuele Paternò di Sessa (1847-1935). Il più grande chimico italiano della sua generazione (fu anche Senatore e Vice-Presidente del Senato del Regno per 25 anni). Nel 1869, scoprì primo nel mondo, l’isomeria (de Condé Paternò e Paternò, 2018).
La Casa Paternò lasciò un tangibile segno del suo senso cristiano con sei conventi e cinque orfanotrofi che furono fondati nel corso del tempo dai membri di questa Casa e che in parte ancora esistono.
Per i «Castello» un esempio è quello di Gabriele Lancellotto Castello principe di Torremuzza. Questi fu cavaliere gerosolimitano, Governatore dei Bianchi, letterato, numismatico e storico, autore di importanti opere, socio delle più importanti accademie scientifiche e letterarie, corrispondente dei più insigni scienziati del suo tempo. Morto nel 1794, donò i 12 mila volumi della sua libreria alla biblioteca del Collegio Massimo (Palizzolo Gravina, 1871-75).
Un esempio per i «Moncada» è Luigi Guglielmo Moncada, Duca di Montalto (1614-1672). Al fine di rendere ancora più illustri il nome e la genealogia della sua famiglia fece realizzare una copiosa produzione letteraria, stampe, arazzi, pitture e sculture che rappresentarono in sé un contributo notabile nel panorama artistico dell’epoca italiano e spagnolo (Halcón e Herrera Garcia, 2018).
Capacità di rete per alleanze matrimoniali e associazionismo
Sin dal loro arrivo in Sicilia, queste famiglie hanno ottenuto il possesso di ampi territori e onori feudali per merito delle loro distinzioni sul campo di battaglia e poi sempre di più attraverso l’acquisizione e sviluppo dei beni e per le alleanze matrimoniali. Più tardi (e soprattutto nel XVI e nel XVII secolo) le alleanze matrimoniali diventeranno centrali nella politica di espansione e concentrazione della base fondiaria dei patrimoni delle grandi famiglie (Scalisi 2006).
I «Paternò» fecero dei legami di stirpe e genealogia un mezzo per acquisire potere, ricchezze, espandersi e perpetrarsi (Calabrese, 2002). Il Mugnòs (1650) afferma che “più facil cosa sarebbe notare alcuna Famiglia delle Principali di Sicilia, con le quali non abbiano cognitione esservi apparentata, che raccontare tutte le casate che possano confessare aver dato, e ricevuto, uno o più quarti della famiglia Paternò…”. I Paternò hanno stretto legami di sangue anche con le famiglie reali Normanna, Sveva, Aragona e Savoia (AA. VV., 2016; Collegio Araldico, 2016).
I «Castello», come tutte le famiglie nobili, furono oculati nell’implementare strategie matrimoniali che potessero far loro accrescere il patrimonio e garantire potere e discendenza. Il ramo siciliano s’imparentò attraverso i matrimoni con le famiglie più blasonate e potenti come per esempio i Paternò di Catania, o i Sanseverino e i Caracciolo di Napoli (Zazzera, 1615).
I «Moncada» non furono da meno. Secondo Scalisi (2006) sono stati esemplari in materia di alleanze matrimoniali. Strinsero legami ed alleanze con le famiglie più potenti del Regno di Sicilia e di Spagna, acquisendone titoli e patrimoni, accumulando feudi e terre popolose, tanto da inserirsi brevemente e a pieno titolo tra i più alti ranghi del potere isolano. Per esempio, le alleanze matrimoniali preferenziali furono nel Cinquecento con i Branciforte, i Luna, i Barresi di Pietraperzia e i Pignatelli (Scalisi, 2006).
Estesissima fu la rete di alleanze sviluppata da queste famiglie anche attraverso le attività dell’associazionismo massonico, accademico e religioso cavalleresco che erano spesso interconnesse (Marraro, 1989).
I Paternò furono insigniti di numersi ordini cavallereschi quali: Cavalieri del Cingolo Militare e dello Speron d’Oro, dell’Ordine di Santiago, dell’Ordine di San Giacomo della Spada, dell’Ordine Supremo della Santissima Annunziata, dell’Insigne e reale Ordine di San Gennaro, dell’Ordine Imperiale di Santo Stanislao (Russia), dell’Ordine di Sant’Anna. Inoltre, sin dalla metà del XV secolo, entrarono a far parte dell’Ordine di Malta, a cui diedero un Luogotenente del Gran Maestro e tre Grandi Priori (Collegio Araldico, 2016).
I Paternò riscattarono l’antico “Militare Ordine del Collare di Sant’Agata” fondato nel 1289 da re Alfonso III di Aragona per la difesa di Minorca (Paternò Castello, 1851; Lourie, 1980).
Forte legame col territorio
I Moncada Paternò Castello e i loro antenati Paternò, Paternò Castello e i Moncada sono stati legati al territorio della Sicilia orientale (val di Noto e val Demone) e in particolare alla città di Catania sin dal loro arrivo in Sicilia.
La famiglia «Paternò», come visto, dopo aver conquistato la rocca di Paternò nel catanese ed essere divenuti feudatari di quelle terre agli inizi del periodo normanno, si radicarono nella città di Catania durante la dominazione sveva (Calabrese, 2002) dove ascese a grande autorità anche locale e dove abitò, operò e rimase legata per i secoli successivi. Solo una linea (la XV) dei Paternò, i Paternóy, si trasferì in Spagna dove poi si estinse.
Dei «Castello» che arrivarono in Sicilia nell’XI secolo, il ramo più illustre fu quello che si stabilì a Catania (Zazzera, 1615, p. 80). Fra questi, per esempio, i Castello baroni di Biscari vivevano prevalentemente a Catania dove avevano un seggio nel Senato della città.
In origine, l’insediamento dei «Moncada» fu nella Sicilia orientale – secondo il D’Alessandro (1997) la “domus” del capostipite, Guglielmo Raimondo I, sorgeva a Lentini – dove si trovavano i loro primi domini territoriali, come per esempio Troina, Malta e Gozzo, poi Augusta, in seguito Adernò e Paternò, e più tardi ancora i molti feudi e contee. Successivamente alcuni rami di questa Famiglia mossero la residenza principale da Catania, a Caltanissetta e a Palermo, dove i Moncada svolsero le più alte cariche del Regno e da dove potevano gestire più agilmente altri domini territoriali della parte centro-occidentale dell’isola. Altre linee dei Moncada risiedettero a Messina vicino ai loro feudi principali e dove ricoprirono cariche pubbliche e religiose.